Con decisione del 23 Giugno 2016 il Tribunale delle Imprese di Milano ha stabilito che in un contratto di licenza, gli obiettivi di vendita nel triennio allegati sotto forma di business plan costituiscono una mera previsione di business da realizzarsi nel tempo indicato e, ove mendaci, non comportano la sussistenza di un dolo idoneo a determinare la risoluzione del contratto da parte della licenziataria. Essi possono però costituire il presupposto per una rimodulazione da parte del Tribunale dei corrispettivi previsti a titolo di anticipo sulle royalties maturande allorché appaiano manifestamente sproporzionati rispetto a quanto effettivamente procurato dal licenziante nel corso del primo anno di contratto.
Nel caso di specie Malerba Group aveva concluso un contratto di licenza con un produttore di calze elastiche, Calze Olona, per la produzione e commercializzazione di calze a compressione graduata a marchio Malerba Voglio.
Il contratto prevedeva che Malerba si occupasse della acquisizione e gestione degli ordini dei clienti e che Calze Olona fabbricasse i prodotti dando esecuzione agli ordini medesimi. A titolo di anticipo sulle future royalties Calze Olona si era impegnata a corrispondere a Malerba l’importo di € 50.000 in due tranche, l’una alla firma del contratto e l’altra entro 10 giorni dalla fatturazione del primo ordine parziale. Al contratto erano stati allegati un business plan con la previsione triennale dei prodotti da fabbricare e commercializzare e una previsione annuale di fatturato.
In seguito, Malerba inoltrava alla sua licenziataria un solo ordine del valore di circa otto mila euro; quest’ultima si rifiutava allora di corrispondere il saldo dell’anticipo royalties adducendo l’inadempimento di Malerba.
Instauratosi un giudizio avanti il Tribunale delle Imprese di Milano, i giudici ravvisavano la sussistenza dell’inadempimento e condannavano la licenziante a restituire anche l’anticipo già versato al netto delle royalties per l’ordine effettivamente procurato.
Per il Tribunale infatti “deve ritenersi che Malerba sia risultata inadempiente rispetto all’obbligo di procurare alla licenziataria produttiva almeno ordini di entità̀ tale da giustificare l’anticipo preteso, e che il rifiuto di corrispondere l’anticipo nel contesto temporale che si è illustrato abbia costituito un comportamento del tutto legittimo”.
La motivazione è lineare: secondo i giudici milanesi “l’equilibrio contrattuale realizzato con il consenso negoziale, in ragione del quale il contratto assume forza di legge tra le parti, si fonda sulle informazioni che le parti condividono onde giungere ad un governo dei loro contrapposti interessi che renda il contratto funzionale per entrambe; tanto che i principi di cui agli artt. 1366 e 1375 c.c., impongono, rispettivamente, di interpretare ed eseguire il contratto secondo buona fede, salvaguardando, cioè, l’interesse che aveva condotto ciascuna parte a addivenire alla regolamentazione pattuita”.
E’ dunque da considerarsi abusivo del diritto il comportamento della licenziataria che pretenda il pagamento di un anticipo sproporzionato rispetto agli ordini che è stata in grado di far maturare e ciò conformemente all’orientamento già espresso dalla Corte di Cassazione secondo cui si configura l’abuso del diritto “allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti” (Cass n. 10568 del 07/05/2013).