Nella moda ci sono molti segreti, non sempre ben protetti. Segrete possono essere le conoscenze “tecniche”, come nel caso della nuova composizione di un tessuto o di un particolare meccanismo di chiusura, ma anche le conoscenze “commerciali” come quelle che attengono all’organizzazione e alle strategie dell’azienda, alle sue politiche di marketing, ai rapporti con la clientela e con i fornitori.
I designer, i direttori creativi e i gli uffici stile creano ogni giorno abiti, loghi, tessuti, modelli di borse e accessori che possono far sorgere importanti diritti di proprietà intellettuale, come i marchi e i design, ma che necessitano di riservatezza in tutta la fase del processo creativo e, per parte, anche in quello esecutivo. A volte la segretezza è prescritta dalla legge (come nel caso delle invenzioni che se divulgate non possono essere brevettate), altre volte è richiesta dall’impresa con lo scopo di mantenere un vantaggio competitivo nei confronti degli altri concorrenti.
La segretezza entra in gioco in una molteplicità di situazioni diverse e coinvolge sia i soggetti interni all’azienda (come ad esempio i collaboratori dell’ufficio stile) sia gli esterni, primi fra i partner commerciali e i fornitori.
Poichè la divulgazione di un segreto aziendale può costituire una grave una perdita per l’azienda , il nostro ordinamento protegge come veri e propri diritti di proprietà intellettuale (alla stregua di marchi, modelli e design) anche le conoscenze e le informazioni dell’azienda. Si deve trattare, però, di informazioni e conoscenze particolarmente qualificate che devono avere tre requisiti: essere ‘segrete’, avere ‘valore economico’ in quanto segrete, ed essere sottoposte a misure “da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete” (art. 98 Codice della proprietà Industriale).
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